Nel contesto delle criptovalute, il mining di Bitcoin emerge come uno degli aspetti fondamentali che sottendono il funzionamento di questa innovativa forma di valuta digitale. E' fondamentale quindi capire gli intricati dettagli di questo processo, mettendo in luce ogni suo aspetto e l'importanza che riveste nella garanzia di sicurezza e validazione delle transazioni all'interno della rete Bitcoin.

La blockchain, cuore pulsante della tecnologia che sostiene Bitcoin, costituisce il nostro punto di partenza. La sua natura di registro distribuito, contenente blocchi di transazioni verificate, rappresenta il fondamento su cui si erge l'intero sistema.

Al centro del protocollo, troviamo il meccanismo di consenso noto come Proof of Work (PoW). Questo processo fondamentale svolge diverse funzioni e le sue ricadute sono molteplici, molte delle quali potrebbero non essere palesi ad una prima analisi.

Esso, infatti, permette innanzitutto di mantenere l'allineamento corretto tra tutti i nodi della rete. In altre parole, permette alla rete distribuita di autoregolarsi su aspetti fondamentali del suo funzionamento senza che vi sia un elemento centrale a svolgere la funzione di coordinatore. 

In questo processo i miners sono figure cruciali essendo che si impegnano in una competizione basata sullo svolgimento di un lavoro dimostrabile e verificabile (da cui appunto il nome "Proof of Work"). Il prodotto di questo lavoro è un blocco di transazioni che verranno aggiunte in testa alla blockchain. Questo risultato viene ricompensato tramite l'emissione di nuovi bitcoin. Queste ricompense costituiscono il conio di nuovi bitcoin, la cui emissione è sottoposta ad una regola fissa e predicibile detta halving che regola l'inflazione tendente a zero della moneta.

Ma questa "prova di lavoro" è fondamentale anche per l'integrità e l'immutabilità della blockchain e garantisce quindi la sicurezza del sistema e degli asset dei suoi utenti. La sicurezza di Bitcoin è infatti analizzabile e dimostrabile. Sebbene esistano elementi di rischio teorici come l'[[attacco del 51%]], le possibilità di una loro applicabilità pratica sono residuali.

In tutto questo ovviamente la tecnologia e l'hardware giocano un ruolo fondamentale. La spinta competitiva ha portato i miner a esprimere una quantità di lavoro, o Hashrate mai vista prima. Per raggiungere questi livelli è stato necessario uno sforzo notevole di R&D che ha permesso di passare da hardware general purpose agli ASIC (Application-Specific Integrated Circuits). Questi avanzamenti hanno portato indirettamente benefici alla produzione di chip in ogni settore, inclusi cellulari, computer e intelligenza artificiale.

Ma la tecnologia da sola non basta. Se agli albori il mining era un'attività che si poteva fare in casa, oggi a fare mining sono vere e proprie aziende quotate a detenere le principali quote di questo mercato. Sono necessari ingenti investimenti, una gestione manageriale e finanziaria in stile multinazionale. Tra le strategie finanziarie più diffuse c'è quella per cui diversi miner collaborano nella creazione di mining pools per condividere le ricompense proporzionalmente alla potenza di hash fornita, migliorando la gestione del flusso in entrata delle ricompense.

Un fenomeno di questa importanza e di questa complessità non può però essere esente da critiche. Tra queste purtroppo la più diffusa è relativa al consumo energetico, che viene talvolta anche confuso con l'impronta ambientale della rete. Queste critiche però vengono via via ridimensionate e si dimostra anzi che il mining di Bitcoin sia sostenitore della produzione di energia rinnovabile e che sia fondamentale per mantenere la stabilità delle reti elettriche.

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